Una ricetta, quella del coniglio all’ischitana, e 33 modi per farla.
La ragione risiede nel fatto che l’isola ha subito dominazioni diverse così che anche nel suo piatto tipico presenta delle varianti, dovute all’utilizzo di differenti spezie.
Turchi, Romani, Greci…ognuno di loro influenzò la cucina con le proprie usanze gastronomiche.
Nel comune di Forio, famoso per i suoi torrioni saraceni, i Turchi introdussero, tra le varie spezie, la maggiorana. Spostandoci invece nella parte Est dell’isola si predilige l’uso del timo molto amato dai Romani che lo aggiunsero alla ricetta. A Campognano si preferisce utilizzare la salsa di pomodoro al posto del pomodorino.
E guai a criticare le varie ricette!
Liti furibonde si sono scatenate a tavola per quale fosse la versione autentica.
Il coniglio da fossa all’ischitana non è un semplice secondo piatto, bensì il racconto di un territorio. Con queste parole ci accoglie il Sig. Riccardo D’Ambra, classe 1946, nella sua Trattoria Il Focolare, luogo storico e tappa imperdibile per i cultori del buon cibo. Ischitano da quattro generazioni il sig. D’Ambra ci racconta fiero la storia di un piatto che è anche la storia della sua terra.
Da qui sono passati Fenici, Greci, romani, Arabi, Turchi ed ognuno di loro ha lasciato il suo segno su un’isola che ancora conserva una forte personalità. Terza per numero di abitanti dopo Sicilia e Sardegna, è divisa in 6 Comuni e 6 dialetti.
Un’isola che per la sua particolare struttura e posizione gode della presenza di più microclimi: fino agli anni ’50 aveva vissuto quasi esclusivamente di agricoltura essendo la sua economia basata sul vino e sul commercio di botti. Si contavano circa 5000 ettari coltivati di cui 3000 a vigna e 2000 a orto (necessari per la sussistenza dei suoi abitanti). Una superficie davvero molto estesa se si considera che si tratta sempre di coltivazioni a terrazze.
Proprio per ovviare alla scarsità di terreno coltivabile i viticoltori erano soliti scavare sotto le vigne delle fosse di 2-3 metri al fine di trovare terreno vergine e più fertile per le coltivazioni delle loro viti, ed è lì che venivano allevati i conigli detti appunto “da fossa”. Da queste fosse si diramavano cunicoli scavati dai conigli stessi nel cuore della montagna lunghi anche centinaia di metri. Questo ha fatto sì che le sue carni risultassero più sode e saporite di quelle dei conigli allevati in gabbia.
Oggi, con l’avvento massiccio del turismo, anche i vigneti sono diminuiti, e con essi le fosse: rimangono circa 350 ettari ancora coltivati a vite.
Il coniglio da fossa all’ischitana è presidio slow food: una identità in via di estinzione. Ma non sta scomparendo il coniglio, stanno scomparendo le fosse!
Alla trattoria Il Focolare il coniglio all’ischitana è ancora il principe della tavola, viene cotto come un tempo, a fuoco lento per almeno 3 ore, in appositi tegami di argilla (materiale, questo, di cui l’isola è ricca).
Rappresenta il piatto della domenica e delle grandi occasioni, durante le quali ci si riunisce in famiglia; non un piatto tipico solo della cucina contadina bensì amato e consumato anche dalle famiglie di pescatori, a dispetto del pesce.
“Una scelta coraggiosa e a tratti incosciente” ci conferma il Sig. D’Ambra, che si dice fiero di aver puntato tutto sull’identità di un’isola; la scelta di non fare una cucina di pesce è certamente audace in un’isola che, ormai dedita all’accoglienza, sempre di più si adegua per assecondare le esigenze dei turisti. Ma il tempo gli ha dato ragione e quella decisione, forse allora impopolare, si è rivelata oggi vincente, rendendo questo locale unico nel suo genere, un pezzo di storia di questa isola.
Da tutto il mondo sono venuti in questa trattoria per assaggiare questo piatto: personaggi illustri e attori del cinema hanno visitato questi luoghi spinti dalla curiosità di scoprire un piatto che racchiude la cultura e la tradizione di un popolo. Gerard Depardieu è uno dei suoi più affezionati estimatori, scegliendo l’isola non per il mare o le acque termali ma per la sua cucina.
Rapiti dal racconto del Sig. Riccardo ci viene così restituita l’immagine di un’isola orgogliosa delle sue origini e delle sue tradizioni, un luogo ricco di personalità, reso ancora più affascinante dalle sue tante contraddizioni.